BioMonitoraggi

Il monitoraggio ambientale


Spesso nel mondo accademico il monitoraggio ambientale è visto come un’attività svolta a soli fini gestionali, e non con obiettivi scientifici. Questa considerazione ha portato, sia negli ecologi, che ironicamente anche negli amministratori, a mantenere dei bassi standard qualitativi. La realtà è che il monitoraggio deve essere svolto con rigore e approccio scientifico perché i risultati prodotti possano essere utilizzati con profitto anche ai fini gestionali.

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Obiettivi e quesiti


Il primo step per realizzare un monitoraggio efficace è quello di individuare obiettivi specifici, ovvero dei quesiti precisi a cui si intende dare risposta. Quanto più l’obiettivo è vago, quanto meno il monitoraggio sarà efficace. La mancanza di obiettivi specifici è uno dei problemi principali che spesso si traduce nella prassi di raccogliere dati senza un'idea precisa di cosa farne, o senza sapere come riuscire ad interpretarne il significato. A volte l'obiettivo viene individuato ma viene formulato in modo del tutto generale, e quindi poco utile per individuare la corretta strategia di monitoraggio. Si possono infatti individuare approcci diversi a seconda degli obiettivi, per esempio per valutare lo stato ecologico dell'ecosistema, o l'efficacia degli interventi ambientali, o per testare l'impatto antropico di certi disturbi ambientali, o ancora per valutare l'effetto di una riqualificazione. Definire obiettivi specifici implica riconoscere nella comunità quali sono le specie più sensibili, i processi ecologici coinvolti, e talvolta definire anche l'entità delle variazioni attese. Senza questa quantità per esempio, non è possibile calcolare la potenza statistica necessaria per rispondere al quesito e nemmeno pianificare lo sforzo richiesto dal monitoraggio. La questione da porre deve essere quantificabile, trattabile scientificamente, e per essere rilevante dovrebbe essere il frutto di un confronto aperto tra amministratori, società e professionisti.


Il programma di monitoraggio


Il programma di monitoraggio, o disegno di campionamento, deve essere pianificato per rispondere precisamente alle questioni poste. Il disegno di campionamento è una fase cruciale di qualsiasi programma di monitoraggio, e la mancanza di professionisti con una preparazione adeguata porta a trascurare questioni chiave come il calcolo della potenza statistica per l’identificazione dell’impatto, un adeguato controllo, una corretta replicazione, l’analisi più adatta. Il rischio di adottare un disegno di campionamento inadeguato è di ottenere dei risultati che sono poco o per nulla utili a dare una risposta alla questione che ci si è posti (p.e. valutare l’impatto o l’intervento gestionale). Questo è un problema non solo per l’ambiente o la sostenibilità della risorsa ma è un problema anche economico. Per esempio, se il monitoraggio di un costoso intervento di riqualificazione fluviale viene pianificato inadeguatamente, i risultati potrebbero essere poco interpretabili ai fini della valutazione dell’efficacia dell’intervento. Nella migliore delle ipotesi la riqualificazione fluviale potrebbe aver avuto un effetto positivo che purtroppo non è stato possibile quantificare, ma nella peggiore l’azione è stata inefficacie, e magari riproposta in buona fede altrove.

Cosa monitorare

L’ambiente è un sistema complesso composto dalle specie, dal loro habitat, da interazioni e processi che avvengono a diversi livelli. Il ventaglio di possibilità su cosa monitorare è quindi ampio e spesso non è semplice individuare quale sia la variabile (p.e. una specie, un gruppo, un composto chimico, un processo) che sia allo stesso tempo sensibile, rappresentativo, misurabile e auspicabilmente economico. In risposta al problema spesso vengono monitorate un elevato numero di variabili ma inevitabilmente in modo blando, senza la dovuta ripetizione e allocazione delle misure che permetterebbe di ottenere dei risultati analizzabili e interpretabili. Questa “lista della spesa” delle variabili da monitorare accresce il costo del monitoraggio che diventa rapidamente insostenibile. Le controversie su cosa monitorare si verificano sui proponenti di gruppi di organismi o specie indicatrici (diatomee, macroinvertebrati o macrofite?), o metodiche da adottare (IDRAIM, CARAVAGGIO o IFF?). Ovviamente i proponenti affermano che tale gruppo o metodica è il più adatto e valido in tutte le situazioni. Probabilmente la scelta più oculata dovrebbe essere fatta a monte, identificando le questioni più corrette su modelli concettuali che permettano di ottenere risposte concrete.


Lo sforzo di campionamento: le risorse necessarie


Un monitoraggio pianificato correttamente deve stimare lo sforzo richiesto per dare risposta alle questioni che sono state poste. Omettere questa componente fondamentale del monitoraggio, e appoggiare l’adagio che “si fa quel che si può con le risorse disponibili” equivale quasi sempre a sprecare denari con basse probabilità di determinare variazioni significative nelle variabili monitorate. Questo approccio conduce drammaticamente a considerare che la mancanza di evidenze (non è successo nulla) sia l’evidenza dell’assenza. Questa pericolosa equazione determina molto spesso l’illusione nell’amministrazione che tutto è stato fatto correttamente, e che l’opera o il progetto non ha effetti significativi in quanto il monitoraggio non li ha evidenziati. La vera evidenza dell’assenza deve essere comprovata mediante un monitoraggio adatto a questo obiettivo. Il proponente del progetto, magari incaricato di condurre il monitoraggio, ha evidentemente tutto l’interesse a mantenere basso lo sforzo di campionamento sia per ridurne il costo di esecuzione sia perché in questo modo il monitoraggio ha una bassa sensibilità di rivelare eventuali effetti significativi.


La comunicazione


La comunicazione non deve iniziare al termine del monitoraggio per la divulgazione dei risultati. Piuttosto è vero il contrario. Il coinvolgimento dei portatori di interesse, amministratori, politici, professionisti deve essere favorito già nelle fase iniziali della pianificazione del monitoraggio. Senza questo confronto è altamente probabile che le decisioni che verranno prese a seguito dell’esito del monitoraggio non verranno comprese da tutti gli attori coinvolti. Ma soprattutto, il confronto delle parti è indispensabile per definire la dimensione accettabile dei possibili impatti sull’ambiente dell’opera o progetto. Questa “quantità”, ossia la variazione a carico dell’ambiente, deve essere concertata tra le parti a priori. Per esempio, potremmo ritenere accettabile una diminuzione del 30% dello stock ittico di un fiume in seguito ad una derivazione per produzione idroelettrica. Se questa variazione è stata concertata tra le parti, questa quantità diventerà la soglia entro cui valutare l’effetto della derivazione. Una volta identificata questa soglia sarà possibile definire correttamente lo sforzo di campionamento necessario per indentificare questo effetto.


La decisione


La compatibilità ambientale di un’opera o progetto è decisa dall’amministrazione anche sulla base dei risultati dei monitoraggi. La decisione che viene presa è nella migliore delle ipotesi basata su dati empirici, nella peggiore su base più o meno ipotetica. Inevitabilmente questa prassi porta sempre più spesso all’impugnazione delle basi scientifiche e legali su cui questa decisione è basata, in quanto, la decisione può avere importanti conseguenze ambientali ed economiche. La decisione è soggetta a due tipi di errori: il primo è quello di concludere che l’opera ha un effetto sull’ambiente quando in realtà tale effetto non esiste, e il secondo è quello di ritenere che l’opera non ha un effetto sull’ambiente quando in realtà tale effetto esiste. Per usare una metafora, si potrebbe dire che il primo errore sostiene la tesi degli ambientalisti, mentre il secondo è favorevole al proponente del progetto. Una decisione ponderata deve essere basata su un giusto bilancio del rischio derivante dai due tipi di errore.


Bibliografia essenziale


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